E un giorno mi svegliai, di Francesco Toscano. Capitolo secondo.

21 ottobre 2012

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L'ibridazione uomo-alieno. (Fonte: dalla rete.)




CAPITOLO 2


L’ibridazione ominide – Anunnaki.


“Ogni essere umano ha dentro di sé una parte divina. E’ l’Essenza o l’Anima. La nostra essenza è intrappolata tra le nostre malvagità o difetti psicologici. Eliminando i difetti psicologici l’essenza cresce e si rileva con più forza in noi.[1]

Qualcosa o qualcuno urtò il letto in cui dormivo. Mi alzai di scatto. Un Malachim era ai piedi del letto e mi osservava. Sgranai gli occhi e l’essere mi tranquillizzò dicendomi di non temere, adducendo di non essere venuto sino a lì per farmi del male. Mi disse che era pronto a rivelarmi alcuni aspetti del fenomeno UFO che da sempre mi aveva appassionato.
Mi disse di aprire il mio cuore e di ascoltare con molta attenzione ciò che mi stava per dire, precisandomi che tutto quello che la mia cultura da sempre mi aveva insegnato non aveva alcun valore o fondamento.
Mi raccontò una storia che già in parte conoscevo.
«Circa 445.000 anni fa E.A. – “Colui la Cui Casa è l’Acqua”, figlio di Anu (Signore e sovrano di Nibiru), padre del mio Signore Ningishzidda, unitamente ad altri della sua specie, giunse sulla Terra alla ricerca di oro, necessario per la creazione di uno scudo a protezione dell’atmosfera di Nibiru[1], che si andava rarefacendo.» «Dopo essere ammarati in una delle distese d’acqua sulla Terra, guadarono a riva e fondarono Eridu, “Casa Lontana”.
Trascorsero degli anni e l’insediamento iniziale si estese sino a diventare una Missione Terra completamente autonoma. A corto di manodopera, gli astronauti ricorsero alla manipolazione genetica per creare il Lavoratore Primitivo, l’Homo Sapiens. A causa del Diluvio che si abbatté con conseguenze catastrofiche sulla Terra, i miei padroni furono costretti a ripartire da zero; gli astronauti assursero allora a dèi, civilizzando l’umanità e insegnandole a venerarli.»
«Circa quattromila anni dopo l’operato degli dèi venne cancellato da una calamità nucleare, provocata nel corso di rivalità e guerre scatenate da loro stessi e dai loro discendenti[2]
Mi feci coraggio e lo interruppi:«Allora sono stati i tuoi Signori a creare l’umanità?»
Il Malachim mi rispose di sì, precisandomi inoltre:
«Quando gli Anunnaki sfruttati nelle miniere d’oro si ammutinarono, E.A, a cui nel frattempo era stato concesso il titolo di EN.KI.(“Signore della Terra”), decise che si sarebbe potuto ovviare al problema venutosi a creare  manipolando geneticamente degli ominidi che erano agli albori della loro evoluzione e che popolavano la zona dell’Africa sudorientale, luogo in cui era sorto l’AB.ZU , cioè il sito minerario in cui si estraeva già da tantissimi anni l’oro necessario a Nibiru.»
«Dalla manipolazione genetica degli ominidi che popolavano la zona dello Zimbabwe, riuscì a creare Adamo (ovvero “Colui che è della Terra”, Terrestre).»
Non capii da subito dove volesse andare a parare e per quale motivo mi raccontava questi antichi racconti alla base della mitologia della civiltà Sumera. Decisi di chiedergli il perché mi stesse raccontando ciò, e soprattutto per quale motivo lo stesse facendo poco dopo avermi rapito.
Dopo avergli formulato tali domande, il Malachim mi rispose che era necessario che io sapessi e che erano già trascorsi cento anni terrestri dal giorno in cui avevo preso fisicamente posto all’interno dell’astronave di cui era il comandante.
Gli chiesi come si chiamasse e mi rispose che non era importante, in quel frangente, che io conoscessi il suo nome, ma che avrei dovuto ascoltarlo in silenzio ed eventualmente porgli alcune domande solo dopo che avesse terminato il racconto che aveva iniziato.
Prima di riprendere il racconto, mi precisò che ci trovavamo in un altro Universo, parallelo a quello da cui io provenivo, attraverso il quale era stato loro possibile, sin dall’antichità, controllare l’umanità e apportare delle correzioni all’evoluzione della nostra specie di volta in volta.
«Dopo la creazione dell’Homo Sapiens, l’umanità si diffuse su tutta la terra, degenerando ed assumendo dei comportamenti che agli occhi degli elohim, gli dèi, sembrarono essere diversi da quelli auspicati.»
«EN.KI. allora sfidò il fratellastro e rivale  EN.LIL. (“Signore del Comando” della Missione Terra) che pretendeva che l’umanità perisse nel Diluvio, avvenimento il cui eroe fu chiamato Noè nella Bibbia e Ziusudra nel primo testo originale sumero. E.A. / EN.KI. condivise con l’Umanità alcune delle sue conoscenze scientifiche: alcuni prescelti, infatti, vennero introdotti ai “segreti degli dèi”. In almeno due casi, tali iniziati vennero incaricati di trascrivere quegli insegnamenti divini, affinché restassero in eredità agli esseri umani.»
«Il conflitto fra E.A./EN.KI. ed EN.LIL. proseguì fra i loro discendenti; il fatto che tutti, e specialmente coloro che erano nati sulla Terra, si trovarono ad affrontare la perdita di longevità (favorita dal periodo orbitale prolungato di Nibiru), fu il motivo di ulteriori sofferenze e acuì le ambizioni personali.»
«Il punto di non ritorno fu raggiunto nell’ultimo secolo del terzo millennio a.C. allorché Marduk, primogenito di EN.KI., generato dalla sposa ufficiale, rivendicò il fatto che l’eredità della Terra spettasse a lui e non a Ninurta, figlio primogenito di EN.LIL.»
«L’amaro conflitto, che scatenò una serie di guerre, culminò, infine, nel ricorso alle armi nucleari; le conseguenze, pur se non intenzionali, segnarono la fine della civiltà Sumera[3]
«Ed EN.KI. disse allora al suo scriba Endubsar, che poi le annotò nelle tavolette d’argilla, le testuali parole: “Su tutta la terra una calamità si è abbattuta, fino a quel giorno all’uomo ignota. Una calamità mai prima vissuta dall’umanità, la cui forza non può essere frenata. Su tutte le terre, da occidente ad oriente, la mano del terrore foriera di distruzione si è posata. Gli dèi, nei loro regni, si sono rivelati impotenti, alla stregua degli uomini![4]»


Il vento del male ed il desiderio di EN.KI. di chiarire alla stirpe di Adamo
quello che accadde.


Per la prima volta da quando fui rapito mi fu chiaro il perché: gli Anunnaki avevano scelto me, umile individuo della stirpe di Adamo, per chiarire alcuni degli avvenimenti che segnarono le sorti dell’umanità nei tempi antichi; fatti che costrinsero gli antichi astronauti provenienti dal pianeta Nibiru, il dodicesimo pianeta del sistema solare, che transita attorno al Sole ogni 3600 anni, ad abbandonare la Terra e l’umanità da loro creata e del perché promisero ai nostri antenati che un giorno sarebbero ritornati in questo piccolo mondo che consideravano la loro seconda casa. Il dio EN.KI., pensai, avrebbe salvato l’umanità per l’ennesima volta da un imminente pericolo che incombeva sulla Terra. La forza gravitazionale esercitata da Nibiru (il pianeta dell’attraversamento e da cui gli stessi Anunnaki provenivano) su tutti gli altri pianeti del sistema solare, ed in particolare sul pianeta Terra, avrebbe determinato degli sconvolgimenti senza precedenti, e che sarebbero stati paragonabili alla catastrofe che si abbatté sulla Terra circa 12.000 anni fa, nota all’umanità come il Diluvio Universale. Gli avvenimenti che da lì a poco mi sarebbero accaduti, tuttavia, mi avrebbero fatto comprendere meglio la realtà dei fatti, facendomi finalmente capire, una volta e per sempre, del perché fui rapito.

L’esplosione e il primo tentativo di fuga.



Mentre il Malachim mi stava raccontando dei giorni in cui il vento del male[5] soffiava in Mesopotamia, e di come la deflagrazione dell’ordigno nucleare fatto esplodere dagli Anunnaki stava per sterminare l’umanità creata dall’Anunnaki EN.KI., una forte esplosione deflagrò l’aria della stanza in cui mi trovavo. L’onda d’urto mi scaraventò contro la parete laterale destra della stanza all’interno della quale mi avevano condotto, con tale violenza che andai a sbattere la testa contro il mobilio in metallo presente al suo interno. Persi i sensi. Al mio risveglio il Malachim giaceva immobile sul pavimento e non mostrava segni di vita. Mi alzai dal pavimento e cercai di mettermi in piedi. La testa mi sanguinava dalla parte della tempia destra, ed il mio volto era segnato da insolite ferite lacero-contuse e diverse ecchimosi.
Un pensiero mi balenò allora in mente: darmi a precipitosa fuga.
La porta della stanza era aperta.
Ne approfittai e uscii nel corridoio. Feci ricorso a tutte le energie che mi erano rimaste in corpo e corsi lungo quel corridoio che mi sembrò conducesse all’esterno.
Correvo, correvo a perdifiato, il cuore mi batteva quasi a scoppiarmi. Non ero lucido; caddi per terra. Mi rialzai e ricominciai a correre.
A un tratto mi ritrovai all’interno di una sala immensa in cui erano presenti dei contenitori in metallo, disposti su più file, all’interno dei quali era contenuto un liquido bluastro gelatinoso e dei piccoli esseri umani.

L’ibridazione degli esseri umani su larga scala.



Mi avvicinai e la scena raccapricciante che videro i miei occhi esaurì le ultime energie che mi erano rimaste, spossandomi ulteriormente e facendomi precipitare in uno stato psicofisico assimilabile alla condizione di salute che raggiunge un individuo in punto di morte.
Fui sconcertato di come i Malachim ed i loro potenti padroni stessero “coltivando” degli esseri umani in vitro attraverso un processo di clonazione su larga scala.
Se da un lato la cosa mi faceva accapponare la pelle, dall’altro mi faceva comprendere meglio di dove mi trovassi e di chi fossero veramente quelle creature.
Mi convinsi, solo allora, che fra la mia specie e quella che a dire dei Malachim ci aveva creato non potesse correre buon sangue. Quei maledetti ci avevano manipolato per centinaia di migliaia di anni come se fossimo delle cavie da laboratorio.
Gli alieni si erano serviti di noi, della nostra energia spirituale, come se fossimo carne da macello.
L’uomo possiede, infatti, come già avevo avuto modo di apprendere quando ero sulla Terra, una fonte di energia inesauribile che loro non hanno.
L’uomo per l’alieno è come una mucca da mungere, dal quale prelevare materiale e soprattutto energia, perché per loro è fondamentale “nutrirsi” attraverso di noi, come se fossero dei “vampiri”.
E’ l’Energia Divina o Animica che l’alieno vuole e sta cercando in tutti i modi di impossessarsene.
L’alieno ha bisogno di energia per sopravvivere, e affinché ciò accada, introduce l’addotto in un contenitore, una macchina o cilindro, come avevano fatto con me nel corso del mio rapimento, dove attraverso vibrazioni emesse da basse frequenze, staccano questa Energia per spostarla momentaneamente in un altro cilindro, dove all’interno si trova l’alieno stesso che così viene “rigenerato”.
Gli alieni poi, non contenti, creano dei cloni dell’addotto, e dagli stessi usati come “ruota di scorta”, non solo perché possono fare un duplicato di tutte le informazioni contenute nell’originale, ma perché in sostituzione al vero addotto, possono anche utilizzarlo, di volta in volta, per svariati scopi, non ultimi quelli militari.
Gli eventi, quindi, stavano inaspettatamente precipitando. Cercai di nascondermi e di non farmi scoprire dagli altri Malachim e dagli altri esseri viventi, la cui specie era a me sconosciuta, che lavoravano in quell’immensa sala, o campo di coltura, dalla forma rettangolare, illuminata a giorno, all’interno della quale feci quella macabra scoperta.
Mi resi conto, sin da subito, che era pressoché impossibile nascondermi e non farmi scoprire. Uno degli esseri che lavorava con i Malachim si accorse di me.
Tutti sembravano agitati e preoccupati, forse per quella forte esplosione che avevo udito mentre mi trovavo nella stanza in compagnia del Malachim, poi deceduto, che per poco non mi costò la vita.
Erano troppi indaffarati per darmi la caccia. Compresi allora che forse non avrei avuto scampo e che mi sarebbe stato oltremodo difficile trovare una via di fuga.
Mi guardai intorno, e mosso dall’istinto di conservazione che ognuno di noi possiede, cercai di trovare un riparo. Sulla mia sinistra vi erano dei contenitori di metallo vuoti, verosimilmente utilizzati dagli alieni per portare avanti la clonazione degli esseri umani. Ero esausto e le mie condizioni di salute non mi permettevano di continuare a fuggire. Decisi di entrare all’interno di uno di quei contenitori e di attendere lì, rannicchiato in posizione fetale, sino a quando non mi fossi ripreso, anche se lo scoramento era così forte che non immaginavo potessi riuscirci.

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[1] Nibiru per gli antichi Sumeri era il corpo celeste associato al dio Marduk. Il nome deriva dalla lingua accadica e significa punto di attraversamento o di transizione. Nella maggior parte dei testi babilonesi è identificato col pianeta Giove (nella tavoletta n. 5 dell' Enûma Eliš potrebbe essere la Stella Polare, che a quel tempo non era quella di oggi, ma Thuban o forse Kochab).Sitchin, sulla base di una propria interpretazione personale delle scritture sumeriche, giunge alla convinzione che Nibiru sia un diverso e sconosciuto pianeta. Nella sua costruzione teorica affianca al pianeta Nibiru il pianeta Tiamat. Quest'ultimo sarebbe esistito collocandosi tra Marte e Giove. Egli suppone che fosse un fiorente mondo con giungle e oceani la cui orbita fu distrutta dall'arrivo di un grande pianeta e di una piccola stella che attraversò il sistema solare tra i 65 milioni e i 4 miliardi di anni fa. La nuova orbita assunta da Tiamat avrebbe fatto sì che collidesse con Nibiru. I detriti di questa collisione avrebbero dato vita alla fascia principale, alla Luna e alla Terra. Per misurare la precessione degli equinozi, tra gli antichi Sumeri e in Babilonia, il cielo sarebbe stato diviso in 7 spicchi, ciascuno dedicato a uno dei 7 maggiori Anunnaki, ogni spicchio misurante circa 50 gradi sull'equatore celeste. Con la precessione l'equinozio di primavera si sposta nel corso dei secoli lungo l'eclittica, attraversando via via i vari spicchi in cui era diviso il cielo. Il passaggio del punto equinoziale da uno spicchio all'altro determinava l'attraversamento di una fascia di confine di circa 1,5 gradi, corrispondente a circa 3 volte il diametro apparente della Terra proiettata sulla Luna durante un'eclissi. Tale fascia di attraversamento era Nibiru, nella quale la sovranità del cielo non apparteneva ad alcun Anunnaki particolare, e dunque gli dèi potevano scendere sulla Terra. Ogni 3600 anni si ripete il passaggio tra uno spicchio di cielo e l'altro, e si ha il ritorno di Nibiru.
[2] Cfr. “Il libro perduto del dio Enki” di Z. Sitchin, Ed. Fabbri “I Grandi Misteri”– Introduzione. Pubblicazione periodica settimanale.
[3] Cfr. “Il libro perduto del dio Enki” di Z. Sitchin, Ed. Fabbri “I Grandi Misteri”– Introduzione. Pubblicazione periodica settimanale.
[4] Cfr. “Il libro perduto del dio Enki” di Z. Sitchin, Ed. Fabbri “I Grandi Misteri”– Introduzione. Pubblicazione periodica settimanale.
[5]Il vento del male non è altro che una nube radioattiva, altamente tossica, diffusasi a seguito di un esplosione di un ordigno termonucleare sulla Terra, portatrice di morte e che si è spinta verso oriente, in direzione di Shumer. Delle foto della penisola del Sinai riprese dallo spazio mostrano, ancora oggi, l’immensa cavità e la frattura sulla superficie prodotte dall’esplosione nucleare. L’evento drammatico, secondo Z. Sitchin, si sarebbe verificato fra il 2025 – 2024 a.C.. Cfr. pagine 89,97,106 del saggio “Il giorno degli dèi – Il libro definitivo delle Cronache Terrestri” di Z. Sitchin, Ed. Piemme Bestseller, ISBN 978-88566-1259-2.

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